Discoteche Radicali

Altro Mondo, Rimini, 1967. © Pietro Derossi.

A cura di Virginia Fungo
[English version below]

Lo spazio fisico in cui ci si trova è di fondamentale importanza nel momento in cui si assiste o si partecipa a una performance come nel momento in cui si prende parte a una serata in un club. Esistono luoghi in cui prendono vita sia eventi performativi che eventi legati alla club culture, ne sono esempio precursore le discoteche radicali italiane degli anni Sessanta e Settanta. Progettate da architetti appartenenti al movimento dell’architettura radicale, andavano oltre all’idea del concetto funzionalista per cui uno spazio deve semplicemente servire a uno scopo; queste discoteche venivano infatti ideate e vissute come luoghi di libertà e creatività. Spazi polifunzionali e con ambienti flessibili, al cui interno avvenivano concerti, serate, performance del Living Theatre, happening, talvolta mostre e lezioni sulla nuova architettura. In un intreccio continuo tra le persone che si trovavano al loro interno e lo spazio stesso, su cui il fruitore poteva agire, modificandone l’aspetto e definendone il senso. 

Piper, Roma, 1965. Courtesy 3C+t / face2face studio.
Space Electronic, Firenze, 1971. © Gruppo 9999, courtesy Carlo Caldini. 

Apripista è stato il Piper di Roma, progettato nel 1965 da Manlio Cavalli e Francesco e Giancarlo Capolei con un’estetica di matrice pop, qui si esibivano protagonisti della scena beat italiana e gruppi stranieri agli esordi, il locale era frequentato da artisti come Andy Warhol e Piero Manzoni. Il fenomeno si diffuse in altre città italiane: a Firenze, il Gruppo 9999 progettò lo Space Electronic, in cui avvenivano importanti performance del Living Theater, e Superstudio ideò il Mach 2; a Forte dei Marmi venne progettato Bamba Issa dal GruppoUFO; a Milano Ugo La Pietra diede vita al Bang Bang; a Rimini nacque l’Altro Mondo con gli interni disegnati da Pietro Derossi, Giorgio Ceretti e Riccardo Rosso. È interessante sottolineare l’esistenza di un corso di architettura di interni tenuto da Leonardo Savioli all’Università di Firenze, nell’anno accademico 1966-67, intitolato Spazio di coinvolgimento e dedicato alla progettazione di uno spazio di svago.

Piper Pluriclub, Torino, 1966. Fotografia e courtesy Pietro Derossi.

Il Piper Club di Torino è stato progettato da Pietro Derossi, collaboratore nel corso di Savioli, insieme a Giorgio Ceretti e Riccardo Rosso, inaugurato nel 1966 unisce all’estetica pop sperimentazioni di arte programmata, come la “macchina luminosa” di Bruno Munari. Diverse furono le attività artistiche che presero vita al suo interno, in relazione all’ambiente e con il pubblico protagonista, tra cui l’happening realizzato al termine della mostra Tappeti natura di Piero Gilardi nel 1967, e l’azione La fine di Pistoletto di Michelangelo Pistoletto con trenta persone con indosso una maschera del suo volto e lamine d’acciaio specchiante tra le mani usate per produrre rumori e poi trasformate in un pavimento su cui danzare.

La fine di Pistoletto, 1967, Piper Club Torino. Fotografia di Renato Renaldi, courtesy Archivio Pistoletto, Biella.

[English version by Cecilia Corato]

Radical Discos
By Virginia Fungo

How and where you stand while you are enjoying a performance or dancing in a club are pivotal. There are some places which offer both performative and club culture connected events, like the radical discos born in Italy during the Sixties and Seventies. Designed by architects who had joined the radical architecture movement, the discos transcended the simple idea that a space should just serve a purpose. Indeed, they were designed and used as fertile ground for freedom and creativity. They were multifunctional places with flexible rooms, where people organised concerts, parties, Living Theatre performances, happenings and occasionally exhibitions and new architecture classes. This would happen within a non-stop interplay between the people and the place itself, whereon the user could operate by changing its aspect and defining its sense.

The first radical disco was the Piper in Rome, designed in 1965 by Manlio Cavalli and Francesco and Giancarlo Capolei, with a pop aesthetic. Here, some players of the Italian beat scene and beginner foreign groups used to perform, and it was popular among artists like Andy Warhol and Piero Manzoni. The phenomenon spread in other Italian cities: in Florence, the Gruppo 9999 conceived the Space Electronic, where important performances of the Living Theater would take place, and Superstudio created the Mach 2; in Forte dei Marmi, Bamba Issa was born by the idea of GruppoUFO; in Milan, Ugo La Pietra conceived the Bang Bang and in Rimini there was the Altro Mondo, whose interiors have been designed by Pietro DerossiGiorgio Ceretti and Riccardo Rosso. It is fascinating to point out the existence of an interior design class hold by Leonardo Savioli at the University of Florence during the academic year 1966-67, called Spazio di coinvolgimento and dedicated to the design of a recreational space.

The Piper Club in Turin has been designed by Pietro Derossi, who hold the Savioli’s class as well, with Giorgio Ceretti and Riccardo Rosso, opened in 1966. It connected the pop aesthetic with programmed art experiments, as the Bruno Munari’s “Bright Machine”. Several artistic activities took place inside it, in relation to the environment and the spectators, who were the protagonists. Among them, the happening conceived at the end of the exhibition Tappeti natura by Piero Gilardi in 1967, and the action La fine di Pistoletto by Michelangelo Pistoletto, which consisted in 30 people wearing a mask of his face and holding reflecting steel foils to generate sounds and then turned into a dancefloor.

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